Andrea Pelizzardi è socio di Doc Creativity e fa parte del team di Power Up. Project Manager e Designer del settore dei videogiochi, lavora con sviluppatori per supportarli nella progettazione e nella commercializzazione internazionale.

Come si è sviluppata la tua professione?

Ho sempre lavorato come Project Manager nel settore dell’impiantistica. Nel periodo del Covid mi si è presentata l’occasione di cambiare vita: mi sono buttato a capofitto in una nuova avventura e, fortunatamente, sono riuscito ad unire il percorso lavorativo precedente con quelle che erano le mie passioni per i videogiochi e i contenuti digitali. Ora in Power Up Team mi occupo di produzione di videogiochi e comunicazione digitale nell’industria del gaming.

Come nasce un videogioco?

Il primo passo è cominciare dalla passione per i videogiochi e iniziare a comprendere la complessità che c’è dietro un personaggio o a un’animazione.  L’aspetto creativo è vastissimo, ma richiede competenze tecniche che si sviluppano col tempo e sono piuttosto complesse. È un settore in cui c’è un continuo sviluppo: ogni sei mesi ti guardi indietro e realizzi che stai facendo la stessa cosa di tempo prima, ma in un modo completamente diverso.

Come hai conosciuto Doc Creativity?

Ho frequentato un corso di Demetra Formazione per cambiare settore e un mio compagno di corso mi ha parlato di Rete Doc. Si stava avvicinando a Doc Creativity e a Power Up Team. Abbiamo mantenuto i contatti e alla fine ho realizzato che sarebbe stata la soluzione ideale anche per i miei progetti.

Che opportunità hai trovato in cooperativa?

Doc Creativity è estremamente ampia e permette di relazionarsi anche con realtà al di fuori di quelle del videogioco. In Power up c’è stata la possibilità di iniziare a costruire una struttura per lo sviluppo di videogiochi, sia per i giocatori che per la pubblica amministrazione e per realtà aziendali o b2B. Senza il sostegno di Doc un tipo di progettazione simile non credo sia realizzabile.

Come ha cambiato la tua professione Doc Creativity?

Principalmente per due motivi. Il primo è che ti semplifica la vita: la rete può dare una grande mano alla gestione amministrativa e burocratica della professione – non correlata al lavoro in senso stretto. Il secondo aspetto, secondo me ancora più importante, è che la rete ti dà la possibilità di incontrare altri professionisti che magari si occupano di cose molto diverse ma con i quali si può creare un collegamento, dando vita a progetti più ampi.

Di cosa ti stai occupando in questo momento?

Ci sono diversi progetti mobile, quindi per smartphone rivolti a giocatori e consumatori in senso ampio. L’ultima applicazione che abbiamo realizzato è “APPennino: Tesori tra i monti”, un’app turistica con degli elementi di gamification per promuovere il territorio e far conoscere la storia di quella realtà. Poi c’è una sezione dedicata invece al PC e all’area di Publishing, che è quella di cui mi occupo io. Aiutiamo i team che non sono strutturati ad avere un’area dedicata al marketing o a realizzare un’autopubblicazione, confrontandosi con una realtà che è molto complessa.

C’è un progetto a cui sei particolarmente legato?

In questo momento stiamo lavorando a un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna e di Parma, a cui mi sono affezionato. È in sviluppo e quindi non è ancora finito. Si tratta di un gioco per imparare la chimica, un puzzle game dove il personaggio deve risolvere degli enigmi per procedere. È un gioco che ti permette di metterti alla prova imparando continuamente.

Che caratteristiche servono per questo tipo di lavoro?

Una buona capacità di apprendimento perché è necessario aggiornarsi continuamente su nuove tecnologie e sistemi. Ogni giorno puoi imparare qualcosa di nuovo, che non è scontato. E poi tanta passione. So che sembra un po’ banale, ma sono due caratteristiche imprescindibili in questo tipo di professione.