Tanta passione, un sorriso contagioso e gli occhi che brillano di entusiasmo. Isabella Casella è una socia Doc Creativity, fondatrice di “Snippi Lab”, un brand che produce capi per bambini utilizzando abiti usati e tessuti riutilizzati. Le sue creazioni sono la perfetta fusione tra bellezza e sostenibilità. 

Com’è nata questa attività?

Sin da piccola mi divertivo a giocare con i ritagli di stoffa di una zia sarta, sognando di creare nuovi vestiti. Dopo essermi laureata in Economia agro-alimentare e aver approfondito le questioni legate alla sostenibilità ambientale nella mia carriera professionale, ho riscoperto la mia creatività nel 2013 grazie a un corso di cucito. Da allora non ho più smesso di creare. Quando le mie bambine erano all’asilo, in particolare, mi sono trovata ad avere più tempo libero; un periodo che ha coinciso con un momento complesso a livello professionale. Nel corso degli anni quella che era una passione si è sviluppata prendendo la forma di un secondo lavoro. Da sempre ho a cuore la tematica ambientale e volevo dare alle mie creazioni una caratterizzazione importante. Ho pensato a cosa avrei potuto fare per offrire un contributo concreto al problema dell’eccesso di rifiuti tessili. Oltre il 70% delle fibre che vengono prodotte per l’abbigliamento, infatti, finiscono in discarica o negli inceneritori. Mi sono resa conto che negli armadi di casa avevo un sacco di vestiti inutilizzati. L’idea di ridare nuova vita ad abiti dismessi mi ha portata a studiare tantissimo e a fare alcune prove realizzando i primi modelli.

Le tue creazioni sono un connubio armonioso di bellezza, cura del dettaglio e sostenibilità 

Il mio intento era quello di creare cose belle, che la gente volesse utilizzare, rispettando la sostenibilità ambientale. La società sta diventando sempre più sensibile a queste tematiche. È un problema significativo che con questo progetto, nel mio piccolo, sto cercando di affrontare. Quando le persone scoprono la mia attività ricevo un sacco di materiale: comprendono che buttare via gli abiti è uno spreco, ma spesso non saprebbero cosa farne diversamente. Nulla mi dà più soddisfazione del trovare la giusta modalità di riutilizzo per i capi dismessi che mi vengono donati. Tra i materiali che amo lavorare ci sono i jeans, le camicie da uomo e le lenzuola di cotone. Il mio lavoro è fatto di pazienza, di cura e di ricerca.

Che feedback hai avuto?

Mi ha colpito moltissimo il fatto che le persone arrivate sul mio profilo abbiano compreso il mio intento. Spesso i pezzi che produco sono unici:  limitati come fantasia, quantità e personalizzabili con qualche ricamo o dettaglio.  Il fatto che i miei prodotti vengano scelti come regalo mi emoziona. È un onore per me essere parte anche di occasioni speciali.

Prima di intraprendere questo percorso hai dedicato molto tempo alla formazione. Cos’hai scoperto?

Provenendo dal mondo accademico ho adottato un approccio di ricerca. Mi sono chiesta se ci sarebbe stata una contraddizione etica nel ricevere abiti dismessi, poiché magari avrebbero potuto essere utilizzati da chi ne ha più bisogno. Tuttavia ho scoperto che anche nelle associazioni che raccolgono indumenti c’è un eccesso di capi e, spesso, una parte importante di abiti non utilizzati, viene rivenduta per finanziare delle altre attività benefiche. Questo aspetto mi ha fatto comprendere che c’è un’enorme quantità di materiale disponibile. Ho scoperto, inoltre, che ci sono delle aziende che ritirano vestiti usati per ricavarne fibre utilizzando delle tecnologie avanzate. Alla luce di questi scenari nel settore tessile, credo che ci sia spazio per inserirsi in un progetto diverso, forse di nicchia, per rimanere comunque utile alla questione ambientale.

Come hai trasformato questa passione in professione?

L’idea di creare vestiti da abiti riciclati è nata nell’autunno 2019 ma con l’arrivo della pandemia è diventato estremamente difficile gestire questo progetto. La chiusura delle scuole ha reso necessario mettere da parte l’attività, anche perché io e mio marito abbiamo continuato i nostri rispettivi lavori. Senza alcun tipo di sostegno e chiusi in casa, abbiamo affrontato diverse sfide anche nell’inverno successivo. Dopo aver superato il 2021, ho iniziato a ripensare all’idea di avviare concretamente l’attività, ma ho realizzato che dal punto di vista amministrativo e burocratico c’erano incertezze e lacune, anche da parte dei commercialisti. 

Com’è avvenuto l’incontro con Doc Creativity?

Senza la cooperativa non avrei saputo come gestire la mia attività. Ciò che mi preoccupava era fare un salto nel vuoto con i rischi associati alla creazione di una partita IVA, poiché non sapevo quanto avrei potuto vendere e temevo di non poter coprire le spese. Inoltre, avendo delle bambine piccole, non avrei potuto partecipare a mercatini o a fiere, quindi dovevo necessariamente vendere online. Leggendo la newsletter di Francesca Baldassarri, artigiana e socia, sono venuta a conoscenza di Doc Creativity e delle possibilità offerte dalla cooperativa. Ho fatto colloquio con Erika Bergamini e da maggio dello scorso anno sono entrata ufficialmente come socia.

Quali sono i vantaggi di essere in cooperativa? 

In Doc mi sento parte di una squadra: il confronto con le altre artigiane e il supporto di professionisti per la gestione legale, burocratica e amministrativa di questo lavoro mi fanno sentire tutelata. Attualmente, sto utilizzando il marketplace del sito per vendere in modo regolare i miei pezzi.

A marzo sei stata intervistata anche da Radio Deejay…

In occasione della Giornata Mondiale del Riciclo, ho avuto l’opportunità di essere intervistata da Radio Deejay. Dopo aver inviato un messaggio alla redazione raccontando la mia attività, sono stata contattata telefonicamente per una diretta con Linus e Nicola Savino. Sono grata per l’entusiasmo e l’interesse dimostrato nei confronti del mio lavoro.

Cosa sogni per il futuro?

Desidero sicuramente dedicare più tempo a questa attività che mi appassiona profondamente. Vorrei inoltre creare una filiera circolare utilizzando materiali riciclati. In questi mesi, ad esempio, ho conosciuto l’associazione “Usato che fa bene al cuore” che si occupa del recupero di vestiti usati. Siamo entrate in contatto, ho fatto una donazione per acquistare i loro materiali e in questo modo andrò a sostenere le loro attività. Credo sia  fondamentale creare sinergie positive, realizzando progetti concreti e sostenendo altre iniziative locali.